Il Marketing e la Politica. Il Marketing È la Politica

Ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte e diventerà una verità.

Joseph Goebbels

Ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte e diventerà una verità.

Ho scelto di iniziare questo articolo con questa citazione perché, paradossalmente, la sua falsità, ne conferma la veridicità.

Proprio così.

Non esiste, infatti, da nessuna parte, una conferma ufficiale che il gerarca nazista, ministro della Propaganda del Terzo Reich, abbia mai pronunciato o scritto la famosa frase.

Eppure, da anni è stata attribuita a lui “per cento, mille, un milione di volte” e questo ne ha fatto una convinzione, una verità.

Una ricerca in merito è stata fatta dal famoso sito BUTAC (Bufale Un Tanto Al Chilo), uno dei famosi siti sbufalatori di fakenews.

Più avanti ci torniamo.

Ora veniamo a noi.

Questo qui sopra è il famosissimo catalogo IKEA.

Stampato in 220 milioni di copie in tutto il mondo, realizzato in oltre 60 edizioni e tradotto in una trentina di lingue, il catalogo del colosso svedese dei mobili viene letto, secondo le stime, da almeno 400 milioni di persone.

Insomma, il catalogo IKEA è tra le pubblicazioni più diffuse al mondo.

Per avere un’idea, il libro (non religioso) più venduto al mondo è “Harry Potter e la Pietra Filosofale“, del  1997, che ha venduto 110 milioni di copie.

Perché Ikea, ma non solo IKEA, investe così tanto nel catalogo?

La risposta molto semplice: perché funziona. 

Il catalogo è un potentissimo strumento di Marketing, perché entra nelle case e molto spesso ci resta, perché le donne sanno che prima o poi andranno all’IKEA e che bisogna andarci preparati onde evitare file interminabili.

Il catalogo funziona perché, checché ne dicano i “grandi esperti” del digitale, la gente ama ancora tantissimo la carta e almeno per molti anni a venire la amerà. 

La transizione digitale è appena iniziata e chi tenta di forzarla sbatte il muso.

Conosci Nordstrom?

Nordstrom, cito testualmente da Wikipedia, “è una catena di grande distribuzione organizzata statunitense, fondata da John W. Nordstrom e Carl F. Wallin. Inizialmente nata come rivenditore di calzature, l’azienda attualmente vende anche abbigliamento, accessori, borse, gioielleria, cosmetici, profumi, ed in alcune filiali anche mobili. Esistono 225 negozi Nordstrom in ventinove stati negli Stati Uniti.”

Parliamo di un colosso con 52.000 dipendenti e 8 miliardi di fatturato.

Otto miliardi.

 

Nei primi giorni del 2019, Erik B. Nordstrom, il co-presidente di Nordstrom, tagliò le previsioni di vendite e profitti sul secondo trimestre dopo che il primo trimestre registrò un bel calo.

Intervistato in merito, Nordstrom affermò che:

“During the first quarter, we made some execution errors in the customer experience department that impacted our sales.

We have a loyalty program with over 12 million active customers who contribute to more than 60% of sales in the first quarter.

Last fall, the program evolved with the introduction of the “Nordy Club” which allows customers to earn accumulation points faster and provides early access to products and events.

With that said, the execution of our program was not as successful as we had planned.

As part of our decision to move towards a completely digital program, we have eliminated paper mailings to our customers, only to discover that a segment of our base customers actually relies on receiving this communication via traditional mail.”

Non so se è chiaro. 

Erik B. Nordstrom ha detto che la sua azienda, seguendo le indicazioni di Greta e le varie mode ecologiche, ha smesso di mandare comunicazioni cartacee ai propri clienti, in un tentativo di spostare tutto il programma online e raggiungere i clienti più velocemente.

Cosa è successo invece?

È successo che la decisione ha causato una riduzione delle visite e quindi delle vendite in tutti i negozi, perché molti clienti si aspettavano di ricevere comunicazioni cartacee.

Traslando questo meccanismo sul “personale”, uno degli strumenti più potenti per posizionarsi in alto come esperto in un settore è quello di scrivere un libro.

Scrivere un libro di settore è probabilmente il modo più potente per raggiungere il primo gradino della mente in una determinata categoria.

Quante volte hai sentito la frase “Guarda, se cerchi un professionista c’è Luca che ci ha scritto un libro”.

Il libro nella testa delle persone è associato a sapienza, conoscenza.

 È un meccanismo che ci viene instillato sin da piccoli, quando sui libri trascorriamo molto tempo a scuola, e non parliamo dell’università dove davvero la nostra vita scorre sui libri.

Io ne ho scritti 8 di narrativa, e ne ho terminato uno da un bel pezzo sul Brand Positioning.

Non l’ho ancora pubblicato perché al momento non ho tempo per seguirne la promozione.

Quando ho annunciato che di lì a poco l’avrei pubblicato, sono stato sommerso di messaggi e proposte.

Questa è la potenza di un libro.

Ma torniamo un attimo al catalogo IKEA.

Abbiamo detto che il catalogo è un potentissimo strumento di Marketing, perché entra nelle case e di conseguenza nelle teste.

Secondo te sul catalogo c’è traccia di questa notizia?

“Le persone non sono componibili, vergogna”, “non acquisterò mai più né li né in nessun altro punto vendita dell’Ikea fino a che non sarà risolta la questione”, “da oggi vi boicotterò e come me molte altre persone, non siete umani”, “non si licenziano madri in difficoltà, non comprerò più nulla da voi”, “anche qui dipendenti e clienti sono solo numeri. “Da oggi sicuramente un numero in meno”, “Disumani. Leggete un manuale con cui assemblarvi la dignità piuttosto che dei mobili”.

È successo che una donna, separata e con due figli piccoli di cui uno disabile, non riusciva a rispettare i nuovi turni che erano arrivati dopo 17 anni di lavoro in azienda.

La donna non poteva proprio fare quei turni perché la gestione dei figli glielo impediva e allora ha comunque lavorato, ma nei turni a lei più congeniali.

L’azienda non l’ha presa bene e l’ha licenziata.

Ora, al di là della questione giuridica e umana, secondo te sul catalogo IKEA c’è traccia di questa notizia?

Certo che no, ovvio. Ci mancherebbe. 

Al di là del fatto che si tratta di un catalogo di prodotti, non di news, ma anche si fosse trattato di un magazine aziendale, non avresti mai trovato una notizia che va contro la proprietà del magazine stesso.

Non occorre un genio per capirlo, su.

TRUTH WELL TOLD

La verità raccontata bene. 

Truth Well Told è il payoff che accompagna dal 1912 la McCann, un’agenzia pubblicitaria statunitense con filiali in 120 paesi.

Il Marketing esalta i punti di forza, non evidenzia i punti di debolezza e figuriamoci se si mette a dire “Abbiamo licenziato una mamma con un figlio disabile“.

Non c’è nulla di illecito in tutto questo, sia chiaro. Nessuno li obbliga a raccontarlo.

Torniamo alla verità ben raccontata.

Se io ho un prodotto che non si vende, mai mi verrà in mente di dire la verità, piena.

Te l’immagini una campagna di Marketing tipo: “Questo prodotto non lo sta comprando nessuno! Che aspetti? Compralo tu!”

Ridicola, no?

Immagina invece di raccontare bene la verità.

“Solo pochi eletti hanno accesso a questo incredibile prodotto”.

Capisci come cambia la musica?

Verità: “nessuno lo sta comprando” 

Verità ben raccontata: “non è per tutti”.

Ho mentito?

Nì. Ho raccontato bene la verità

Con le parole si può mentire spudoratamente, ma spesso non occorre. Si può distorcere, alterare, falsare, modificare, deformare, contraffare, travisare la realtà utilizzando i numeri.

Se torturi i numeri abbastanza a lungo, confesseranno qualsiasi cosa.

E nell’ultimo anno ne abbiamo viste davvero delle belle con le statistiche sul Covid. 

Non sto qui a mostrarti la valanga di informazioni parziali, distorte, incomplete, falsate e addirittura completamente inventate. 

Accontentati di questa, giusto per avere un’idea.

GIORNALI E GIORNALISTI

Giornalismo è diffondere ciò che qualcuno non vuole si sappia; il resto è propaganda.

Il problema non sono i giornali o i giornalisti.

Il problema è la convinzione che le persone hanno relativamente ad essi.

E finalmente arriviamo al punto.

La prima cosa che mi sento di dirti in merito è questa.

Compra questo libro di Marcello Foa.
 
Si intitola: Gli stregoni della notizia. Da Kennedy alla guerra in Iraq. Come si fabbrica informazione al servizio dei governi.
 
Appena lo hai finito, compra l’atto II.
 
Non te ne pentirai.
 
Ora veniamo al dunque.
 
Ehi tu. Tu che mi leggi. Sì, sì, tu.
 
Possiedi mica un giornale? Sono serio. 
Mica hai il Corriere della Sera o La Repubblica? 
Ma va bene anche La Stampa.
 
Come dici? Non ce l’hai? Ah, cacchio.
Ma hai qualche amico che ce l’ha? Non hai un amico o un parente che possegga un giornale o un TV? Che ne so La7?

Mi piacerebbe molto scrivere sul Corriere. 

Dai sei sicuro che non hai tra gli amici il proprietario? Non puoi comprarlo tu? Oppure aprirne uno uguale?
 
Come dici? Ci vogliono i soldi?
 
Acciderbolina. Ora ho capito.
 
Avere un giornale o una TV costa un sacco di soldi.
 
Questa, per capirci, è la storica sede del Corriere della Sera.
 
E la Repubblica?
 
La Repubblica fino a poco tempo fa era del gruppo editoriale GEDI, di De Benedetti, che però l’ha ceduta ad EXOR, che è degli Agnelli.
 
De Benedetti, poi, ha fondato un nuovo giornale.
 

Come vedi comprarsi un giornale o fondane uno da zero è roba da morti di fame.

Perché lo fanno? 

Comprare o fondare un giornale, stampare e distribuire centinaia di migliaia di copie ogni giorno, costa un fracco di soldi.

E allora perché lo fanno?

Perché vedi, il punto è tutto qui. Se si capisce il perché si capisce anche tutto il resto.
 
Un giornale nella mente del popolo, da sempre, è un organo di informazione.
 
Voglio informarmi su cosa accade nel mondo quindi compro il giornale.

Che ti piaccia o no, la gente, molta gente pensa questo.

Sì, lo so, sempre meno, ma sono ancora tantissimi.

Ora ti chiedo: qual è la differenza tra il catalogo IKEA e, per esempio, La Repubblica? Qual è la differenza tra il canale Youtube della RedBull e il canale televisivo di Cairo?

Perché se vai sul canale Youtube della RedBull ti aspetti di trovarci la pubblicità della Redbull, le cose belle che la Redbull fa per il sociale e tutta un’altra serie di Truth Well Told, mentre se ti sintonizzi su #OttoeMezzo ti aspetti che la Gruber ti fornisca una informazione “corretta” ed “equilibrata”?

Perché?

Sono due strumenti di Marketing di due aziende enormi, cosa vuoi che ti dicano?

Questa è la prima pagina del Corriere della Sera del 1 aprile 2014

TANTI DISOCCUPATI COME NEL 77.

Questo è il titolo urlato.
 
Qui sotto, invece, puoi osservare la verità.

La disoccupazione era praticamente la metà. 

A svergognare il Corriere, in quella ed in altre occasioni, fu l’economista Alberto Bagnai, all’epoca semplice divulgatore, oggi Senatore.

Vabbe’, capita.

Se stai pensando “Vabbe’, capita”, l’unica risposta possibile, credimi, è questa:

😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂

Un refuso, capita. Un titolo a 9 colonne, no.

Non capita perché il titolo è la cosa più importante, è l’unica che leggeranno le persone, è l’unica cosa su cui le TV costruiranno le trasmissioni.

Quante strisce televisive dicono “Ora vediamo i titoli dei principali quotidiani”?

Quel titolo l’avranno letto e condiviso in milioni, e quindi è diventato vero, anche se all’epoca su twitter, insultammo talmente tanto il Corriere fu costretto a rettificare.

Conosco molto bene certe dinamiche e dopo le scuse e la promessa di rettifica chiesi al Corriere “La rettifica la farete in prima pagina“?

Ovviamente non risposero e l’indomani uscì la notizia corretta, a pagina 6 (pagina pari), in mezzo ad un mare di pubblicità

Perché sottolineo che è pari? 

Perché quando leggi un libro o un giornale, la pagina pari è quella che sta a sinistra e finisce sotto il gomito sinistro, perché l’occhio va tendenzialmente a destra quando sfogli. Provaci. 

La rettifica era talmente nascosta che chi ha letto il giornale non è riuscito a trovarla.

 

I giornali mentono. Mi spiace dirtelo.

Le TV mentono, spudoratamente.

E quando non mentono, omettono.

Un esempio clamoroso.

Federico Fubini è un giornalista, e non è un giornalista qualunque. È Vicedirettore del Corriere della Sera.

In questo video confessa di non aver riportato una notizia vera, per non favorire una precisa parte politica.

Quello che voglio tu capisca, caro lettore, è che non c’è un giornale sincero. Non c’è un mass media super partes, con una informazione equilibrata.

Devi imparare a mettere in dubbio tutto, compreso quello che stai leggendo, perché tutti abbiamo i nostri bias.

Non c’è un giornale sincero per il semplice fatto che proprio perché i media sono strumenti di Marketing molto costosi, non esiste ragione per cui un editore autorizzi la diffusione di qualcosa che va contro il suo interesse, contro la linea editoriale.

Anche se oggi leggi con piacere un quotidiano o un altro, il motivo è semplice: quel quotidiano è di proprietà di qualcuno, o di un gruppo, che per pura coincidenza porta avanti alcune questioni che stanno a cuore anche a te, esattamente come chi apprezza il Corriere o La Repubblica, lo fa perché la pensa come loro.

Punto.

Pertanto, se Fubini in questa occasione, ma non è nuovo, ha omesso una notizia, non è il primo e non sarà l’ultimo.

Distorcere, od omettere, in favore di chi ti paga è un lavoro e come tale, per quanto possa infastidirti o farti schifo, è lo stesso lavoro che fa chi redige il catalogo IKEA. 

Il fine è identico: persuadere. Influenzare.

Influenzare i tuoi pensieri, e quindi i tuoi comportamenti.

Lo so anche io che nel caso dei media le conseguenze sono molto più gravi, visto il ruolo che viene affidato ai media, ma l’errore è proprio qui: pensare che il loro ruolo sia informare. 

Il problema è di chi  si aspetta di trovare informazioni su uno strumento di Marketing.

 

GLI SBUFALATORI

Ho iniziato questo articolo citando anche il famoso sito BUTAC.

Premessa: non ho nulla di personale contro chi lavora dietro BUTAC e altri siti scova bufale.

Per me è sono siti come altri, per qualcuno è sono siti che rivelano le fakenews.

Cito bufale.net solo come esempio di un modo di fare che ho visto un po’ in tutti questi siti di fact checker indipendenti, che si fanno passare come tali.

Prendiamo in esame questo articolo.

La sostanza: Daniela Santanché posta su facebook questa immagine.

Coronavirus, si aggrava la situazione in Cina. Giorgia Meloni (FdI): “Quarantena per chi viene dall’estero”, la replica di Conte: “Così si alimentano inutili allarmismi, la possibilità di diffusione del virus in Italia è pressoché remota”.

Obiettivo della Santanchè era quello di dimostrare che, mentre Giorgia Meloni il 21 febbraio, cioè il giorno dopo il paziente 0, diceva “mettiamo in quarantena chi arriva dalla Cina”, il Premier Conte rispondeva “Così si alimentano inutili allarmismi, la possibilità di diffusione del virus in Italia è pressoché remota”.

Per farlo allega un’immagine che a me pare palesemente un mezzo ritocco posticcio.

Al di là di questo, però, se fosse vero credo che politicamente ci sarebbe molto da dire.

Bufale.net scrive un lungo articolo in cui la sua unica preoccupazione è quella di verificare se quel titolo di giornale, così lungo, esiste davvero, e non se l’oggetto della questione è vero.

E conclude: Considerando che dubitiamo che una testata ufficiale pubblichi un titolo così lungo, dobbiamo affermare che non esiste alcun riscontro su un articolo de Il Mattino con quel titolo.

Bene.

Ma, a te non interessa sapere se è vero che mentre la Meloni diceva di mettere in quarantena chi arrivava dalla Cina, il Premier diceva che “la possibilità di diffusione del virus in Italia è pressoché remota”?

Se fosse vero sarebbe gravissimo, visto che mentre scrivo siamo a 120.000 morti – e anche su questi numeri ci sarebbe da scrivere un articolo intero – di Covid?

Vediamo un po’.

In 3 secondi netti ho trovato questa notizia.

Abbiamo quindi verificato che è vero: il 21 febbraio Giorgia Meloni disse “Quarantena per chi arriva da Cina, non perdiamo tempo”.

E sarà vero che nello stesso giorno e più o meno alla stessa ora, il Presidente del Consiglio diceva “No allarmismi e panico” e “La possibilità di diffusione del virus in Italia è pressoché remota”?

Beh. Qui c’è un video

A me non frega nulla di Conte, e nemmeno di Giorgia Meloni ma per amore di verità io scrivo che Conte ha dichiarato, testuale, “Scacciare via allarmismo sociale e panico” mentre non c’è traccia della seconda parte della frase. 

Bufale.net ha concentrato la sua ricerca solo sulla seconda parte della frase, di cui oggettivamente nemmeno io trovo traccia, ma la prima parte “Evitiamo allarmismi” c’è, eccome.

È meno grave? Certamente, ma perché non riportarla e far passare il messaggio che Conte non ha mai detto proprio nulla in quella occasione?

Di articoli come questo ne ho visti moltissimi.

Ecco. I siti sbufalatori, a me non paiono affatto indipendenti.

E non perché sono degli stronzi venduti, affatto.

Perché nessuno è indipendente, nemmeno io, perché soprattutto in politica, ognuno ha le sue idee, e queste in qualche modo si riflettono nei propri scritti.

A tutto questo si aggiunge il conformismo imperante.

Scrivere un pezzo che sta dalla parte dei “forti” ha più probabilità che chi conta lo rilanci, portando così un sacco di visite al sito, accrescendo la nostra popolarità e, perché no, indirettamente i nostri guadagni.

La notizia, nel caso in questione, non è se un giornale ha pubblicato un articolo con un titolo così lungo, ma se mentre arrivava l’ecatombe il governo diceva di evitare allarmismi e l’opposizione diceva di chiudere alla Cina e veniva accusata di razzismo

COME FUNZIONA LA TV

Come funziona la TV l’ho spiegato un paio di anni fa, alla Camera dei Deputati. 

L’intervento è ascoltabile qui.

In sintesi: La TV lavora per immagini. Lavora per “frame”, per fotogrammi.

Lascia che ti spieghi.

Immagina questa scena.

Sono le 11.30 del mattino, la signora Maria sta preparando il sugo e distrattamente guarda, ma soprattutto ascolta, la TV.

Ad un certo punto un ospite della trasmissione dice quella che un ascoltatore impreparato può ritenere una cosa vera o falsa, ma che in realtà è una clamorosa puttanata.

Facciamo un esempio.

L’ospite, un noto economista, o politico o imprenditore famoso, dice: “i soldi mica si stampano!

La signora Maria ha sentito la frase, ma non capisce nulla di queste cose.

Ipotizziamo però che, appena finita la frase, parta un caloroso applauso dal pubblico (in TV gli applausi sono “a comando”) e il regista inquadri il presentatore o qualcun altro che fa “sì, sì” con la testa.

A casa la signora Maria, non ha più dubbi: i soldi non si stampano.

Non sto qui a spiegarti se sia vero oppure no, mi limito a dirti di prendere 10€ in mano e chiederti da dove siano usciti.

Quello che è successo ha un nome: si chiama Social Proof.

Social Proof è un termine inventato da Robert Cialdini, professore di marketing, business e psicologia alla Stanford University e all’Università della California.

È comparso per la prima volta all’interno del suo libro “Influence: The Psychology of Persuasion“, pubblicato nel 1984.

Vuoi un esempio del potere della Social Proof?

Le recensioni.

Quando siamo indecisi su una scelta, osserviamo cosa ha fatto la massa.

Quante volte ti è capitato di acquistare qualche prodotto perché “ce l’hanno tutti” o perché te l’ha consigliato caldamente un amico o perché era raccomandato su una rivista patinata?

In pratica, le persone cercano l’accettazione sociale, desiderano in un certo qual modo comportarsi come tutti gli altri, o come la maggioranza, se non altro.

Allo stesso modo, la signora Maria non ha la più pallida idea se i soldi si stampino, nascano sugli alberi o chissà dove, ma:

  • l’ha detto uno importante
  • la gente applaudiva
  • il conduttore faceva sì, sì con la testa.

Maria è più tranquilla, ora, “sa cosa pensare”.

Sullo stesso identico principio si basano i sondaggi.

Anzi, qui volendo c’è un termine ancorsa più adatto che è  Astroturfing.

“La tecnica di astroturfing si affida spesso a persone retribuite, affinché esse producano artificialmente un’aura positiva intorno al bene da promuovere.”

Ti ricorda qualcosa?

A me ricorda tantissimo “i sondaggi”, ma io sono un brutto cattivo che pensa male. 

I sondaggi sono utilissimi per indirizzare gli indecisi, quelli che pensano: sono d’accordo con questo politico, ma non posso votarlo, è inutile, lo voterei solo io, sarebbe un voto sprecato.

Poi in TV appare il sondaggio che lo dà al 9% e tu pensi: azz, allora non sono solo!

O al contrario, possono indurre le persone a pensare che quel determinato partito sta perdendo tanti voti, quindi sta sbagliando, e quindi non bisogna votarlo più.

Sono frame, appunto.

Le TV funzionano così.

Il concetto di frame è estendibile a tutti i mezzi di comunicazione

Guarda questo esempio.

Alessia Morani,  deputato del PD, pubblica un tweet con una foto in cui ci sono Salvini, senza mascherina, e Speranza, con la mascherina.

Il suo intento? Lo dice lei stessa. 

“Basta una foto per marcare la differenza politica tra chi ha a cuore il destino degli italiani e chi no, tra chi dimostra responsabilità e chi irresponsabilità. Non serve altro. Basta una foto”.

Peccato basti davvero una foto per consegnare alla storia una delle più grandi figure di merda della sua vita.

E non chissà quale foto, ma la stessa!

In cui si vede che tutti sono perfettamente distanziati e che l’unico con la mascherina è Speranza, che visto così sembra un deficiente.

Questo è il concetto di frame, di fotogramma.

Un esempio recentissimo di come funziona la TV c’è stato il 22 aprile, a Piazza Pulita, su LA7.

La puntata è stata caratterizzata da una caciara assurda che, voluta o no, aiuta sempre a far passare determinati messaggi.

Se ne è parlato ampiamente, chi vuole può rivedersela.

Quando ho saputo che c’era Borghi, mi sono permesso di dargli un suggerimento. Non so se l’abbia colto o se ci aveva già pensato di suo, ma di fatto in trasmissione Borghi ha mostrato dei grafici ed ha citato proprio il caso Svizzero.

In ogni caso mi  limito a rilevare alcune cose.

Tutta, e sottolineo tutta la puntata ha un solo scopo: screditare “le teorie del Deputato Borghi” – che non sono affatto di Borghi, ma vabeh –  e quindi di conseguenza Salvini, e tutta la Lega. 

Lo scontro vero, però, è tra Borghi e Crisanti.

In studio ci sono anche Padellaro, il cui unico scopo è strappare a Borghi un “sì” alla domanda “ma quel che dice lei lo pensa anche Salvini?” e Calabresi, il cui ruolo, più o meno, è quello di macchietta, come ho spiegato alla Camera dei Deputati nel video che ho linkato poco più su.

Formigli, il conduttore, cerca in tutti i modi di far dire a Borghi delle cose che Borghi non ha mai detto, tipo “quindi lei vuole il sistema Bolsonaro”?  

Io non so cosa sia il “sistema Bolsonaro”, ma so fare le divisioni.

Padellaro invece rivolge più volte la stessa domanda “ma quel che dice lei lo pensa anche Salvini?” al deputato per un motivo semplice: vuole farci il titolo l’indomani: “La Lega dice che [inserisci  stupidaggine]…”

Non è servito nemmeno aspettare l’indomani, poche ore dopo il titolo era già pronto.

Non escludo mi sia sfuggita, ma la frase di Borghi “il lockdown non serve a nulla” io non l’ho sentita. 

Anzi,  l’onorevole dice che all’inizio nessuno sapeva niente, non c’erano dati, e “quello che è stato fatto io lo condivido”.

Oggi però, “abbiamo un anno di dati e non concordano con la vostra narrazione”. Questo mi è parso il suo pensiero.

E infatti il Deputato ha prontamente smentito. 

Attenzione: smentire su Twitter una bugia detta in TV è come lavarsi la faccia con una goccia d’acqua. 

Twitter è una minuscola nicchia, e mai potrà raggiungere  i milioni di spettatori raggiunti dalla TV e, anche con una grande visibilità, l’impatto che ha un tweet è irrilevante rispetto a quello di una trasmissione televisiva.

Dicevo che io la frase di Borghi “il lockdown non serve a nulla” non l’ho sentita. Ho sentito, invece, diverse frasi da parte del dottor Crisanti.

Vediamone alcune.

Borghi porta in trasmissione uno studio del prof. Ioannidis, probabilmente il più importante studioso del mondo in questa materia.

In risposta alla affermazione di Borghi circa la Spagna che “con teatri e cinema aperti da agosto 2020 e ristoranti aperti da febbraio fino alle 23” non sta avendo chissà quale strage, il dottor Crisanti afferma “che solo l’area di Madrid ha tenuto aperto e che il calo dei contagi è dovuto alle restrizioni su tutto il resto della Spagna. Per quanto riguarda l’area di Madrid”, testuale “i casi stanno esplodendo“.

A Madrid i casi stanno esplodendo.

Sarà vero?

Ehm…

Crisanti ha bacchettato Borghi dicendo che lo studio da lui citato del Professor Ioannidis è stato ritirato dall’università di Stanford, con tante critiche e tante scuse.

Anche il Ministro Cingolani rincara la dose.

Sarà vero?

Ehm…

Insomma, penso possa bastare, dai.

L’indomani si sono giustificati dicendo che loro si riferivano ad un altro studio di Ioannidis.

Ripeto, la puntata è qui.

Ovviamente, il giorno dopo i titoli sono stati tutti contro Borghi e le sue strampalate teorie.

Penso di averti fornito materiale a sufficienza per capirlo.

I media non raccontano i fatti. I media cercano di orientare le opinioni.

Voglio concludere semplicemente ricordando ai lamentosi, a quelli che “La RAI fa schifo”, “Basta canone”, “Cairo vergogna”, etc, che esiste un’arma micidiale per far capire a questi signori che quel programma fa pena. 

Un’arma semplice da usare e nelle mani di tutti. Un’arma chiamata Telecomando.

Le trasmissioni vivono di audience e se non ne fanno chiudono. Punto.
 
Se, invece, continuate a guardarle, anche se mentre le guardate provate ribrezzo e sputate al televisore e vorreste sputare al conduttore e a tutto lo staff e chi ci sta dietro e agli ospiti etc, quel che conta per gli sponsor e per la rete è che le state guardando.
 
È disarmante per quanto è semplice: cambiate canale. Ancora meglio, poi, se spegnete la TV e accendete l’abat jour per leggere un libro o per fare una bella chiacchierata con la vostra compagna.
 
Oppure spegnete tutto e fate l’amore.
 
P. S. Chiudo con una chicca freschissima.

La competenza contro le fake news. Il “metodo Corriere”.

Non ce la faccio a commentare 😂😂😂😂😂

Fact checker indipendente non esiste.

Ficcatevelo in testa.