Sono nato il 5 agosto del 1974.
Sono nato il 5 agosto del 1974 e questo è l’articolo più importante del mio blog.
L’articolo definitivo, quello che ho sempre immaginato di scrivere ma non avevo ancora chiaro il quadro.
È un articolo molto lungo.
Alla fine di questo articolo avrai conosciuto una persona a te molto cara.
Mettiti comodo e preparati, sarà un lungo viaggio.
Quando l’ho mostrato alle persone citate nell’articolo stesso, mi hanno detto che sono pazzo, che avrei dovuto farne un libro e venderlo, sia per la lunghezza ma soprattutto per la quantità di contenuti utili, di spunti interessanti, di valore insomma.
Io invece ci ho aperto un blog.
Un altro blog?
Proprio così, un altro blog.
Ma partiamo dal disastro.
Ti racconto una storia. Te la racconto così come la scrissi in quello che poi è diventato un romanzo.
Una normalissima domenica.
C’è che uno pensa che gli istituti di oncologia esistano solo nei serial tv americani, tipo Dottor House.
Uno crede che certe scene, gente che gira con la mascherina, persone che piangono in silenzio o pregano a voce alta, barelle che passano con sopra bimbi di due, tre anni o anche meno, intubati che ti guardano e ti sorridono mentre vanno a sottoporsi a prove il cui solo pensiero ti annienta e tanto, tanto altro (di peggio) esistano solo se viste attraverso uno schermo.
Nessuno immagina, nessuno può immaginare che, invece, succedono.
E succedono senza preavviso alcuno.
In Dottor House funziona così: c’è un ragazzo, o una ragazza, che sta tipo giocando a basket.
Tutto scorre tranquillo, ma d’improvviso parte la sigletta e il tizio crolla al suolo, sbavando o tremando.
La scena successiva è Gregory House che analizza la TAC o la Risonanza Magnetica e si confronta con Foreman, Wilson e gli altri medici.
Insieme, via via, escludono possibili diagnosi e, con dialoghi e frasi di un cinismo unico, stabiliscono la cura.
Se c’è.
– Credo sia uno “stracazzum bacillum” delle asturie.
– Impossibile, gli tremava la gamba.
– Allora deve essere auto-immune. Sarà Lupus?
– No. Non avrebbe le transamine e i globuli bianchi così alti.
Ecco.
Nella realtà funziona più o meno allo stesso modo. Solo che la colonna sonora non c’è.
È il 16 marzo del 2013, sono più o meno le 10 del mattino di quella che sembra una normalissima domenica.
Sei in fila ad un parcheggio in attesa che l’omino ti dia l’ok per entrare.
Tua moglie, per fortuna è stanca di stare in fila e allora preleva tua figlia dal seggiolino e “Ti aspetto su, amore”.
Dieci secondi dopo hai la netta percezione di quello che succede. Senti distintamente un brufolo esplodere.
Un brufolo?
Ma come? Parli di oncologia, bambini intubati, Dottor House e poi racconti di un brufolo che scoppia?
Sì, perché il brufolo lo senti esplodere dentro al cranio.
Un istante dopo il cuore accelera vertiginosamente, senti che biascichi e non controlli la mano che fa su e giù per i cazzi suoi. Sei cosciente, lucido. Hai il pieno – sì, vabeh, quasi – controllo della situazione.
Con la mano che non trema prendi il telefono, ma siccome non hai la più pallida idea di cosa ti stia succedendo chiami tua moglie dicendole l’unica cosa che sai capirà: “Amore, ho una tachicardia pazzesca. Chiama l’ambulanza”.
In realtà credo di aver detto grosso modo “Move, ho uba tachivaddia pazzefca”, ma lei ha capito lo stesso e poco dopo è arrivato mio suocero.
Immagino che emozione deve essere stata per lui vedermi sbavare e tremare seduto alla guida ma, vabeh, tant’è.
Ti risparmio i dettagli del nostro dialogo, cioè delle sue domande che capivo perfettamente, ma alle quali rispondevo con strani suoni indecifrabili che sentivo altrettanto bene nella loro incomprensibilità.
Ripeto: capivo tutto.
Quello che non potevo proprio capire, manco lontanamente, era che nella migliore delle ipotesi, la mia vita era già tutta, ma proprio tutta, tutta, tutta, tutta, completamente, cambiata.
Nella peggiore, beh…
Arriviamo in ospedale e a me, praticamente, è passato ogni sintomo. Passato, però, è un concetto curioso.
Passato però, è un concetto curioso. Passato significa che “c’è stato”, e in ambito medico, qualcosa che c’è stato… lascia tracce.
Ed ecco che le analizzano.
Proprio come fa il Dr. House, ma con dialoghi un po’ più normali.
Sospetto si tratti di una lesione gliale di alto grado e per questo ho consigliato una biopsia escissoria per un successivo esame istologico.
Non c’hai capito un cazzo, vero?
Te lo traduco.
Alessandro, hai un tumore al cervello.
Per capire che tipo di tumore è – e quindi, se sei vivo oppure no – dobbiamo asportarne il più possibile.
Asportare significa: aprirti il cranio e prelevare quanto più cervello danneggiato possibile senza toccare, pardon, stando attenti a non toccare le parti vitali probabilmente infette.
Siccome tremavi e biascicavi è probabile che le aree che controllano il movimento e la parola siano coinvolte.
Poi facciamo un esame istologico che ci dirà che tipo di male hai, se si cura, e come.
Se non sei quell’uno su duecentocinquantamila che crepa all’anestesia generale;
Se l’intervento va bene;
Se riusciamo a rimuovere chirurgicamente la maggior parte del “glioma”;
Se riusciamo a farlo senza paralizzarti o renderti muto;
Se poi magari ti risvegli pure, facciamo le analisi e ti diciamo che cazzo hai in testa.
In alternativa, spieghiamo ai tuoi parenti come si chiama la cosa che ti ha ucciso”.
Sì, perché glioma di alto grado può voler significare anche quarto grado a seguito della cui diagnosi chiamano il Prete.
Incurabile.
Inguaribile.
Sei mesi, a volte, “miracolosamente”, dodici.
Più spesso, due
A 20 anni ero assolutamente certo di avere tutte le carte in regola per diventare un “grande uomo”, uno di quelli che in questo mondo lasciano il segno.
Sulla soglia dei 40, sentivo di essere diventato un "vecchio ragazzo", uno di quelli che da questo mondo restano segnati.
La mia vita scorreva tranquilla, fino a quel 16 marzo del Marzo 2013.
Poi fu sconvolta.
Una botta tremenda.
Sentirsi dire “Hai un tumore al cervello” è una situazione a cui nessuno può arrivare preparato.
È evidente che non sono morto.
Sono qui, profondamente cambiato da tutto quello che è successo nel 2013, ma sono qui.
Ma ci fu un’altra frase che mi segnò l’esistenza.
E qui ti chiedo il primo grande sforzo.
Ripagherò questo tuo impegno con qualcosa che pochi al mondo possono darti.
Lo so, è una promessa impegnativa, ma la manterrò.
Non posso proseguire il racconto, rovinerei tutto.
L’impegno che ti chiedo è questo: prima di andare avanti con la lettura, guarda il mio TEDx.
Dura 19 minuti, si intitola “Le parole” e sono certo dopo che lo avrai visto di parole ne avrai una sola.
No, non lo dico perché è mio, ma perché ti cambierà la vita.
Devi credermi.
Eccolo
Dopo il delicatissimo intervento al cervello in cui avrei potuto rimetterci le penne o, forse peggio, uscirne emiplegico e muto, feci 5 cicli di chemioterapia e 28 cicli di radioterapia
Il cancro non mi ha ucciso, anzi, posso dire, a distanza di 8 anni esatti, di averlo sconfitto, almeno statisticamente parlando.
Credevo di aver visto le streghe con il cancro, ma erano solo spaventapasseri.
La lezione che la vita mi ha riservato dopo, è stata molto più dura.
Nessun essere umano dovrebbe essere messo nelle condizioni in cui mi sono trovato io, nemmeno il più efferato dei criminali.
Eppure sono qui. E guardo al futuro.
Non possiamo cambiare il nostro passato, ma possiamo, anzi, dobbiamo impegnarci per avere un impatto decisivo sul nostro futuro.
Ma se il futuro ci viene “spento” da un evento così tragico, tutte le nostre certezze vengono a mancare.
Con fatica, con molta fatica mi aggrappai alla mia famiglia, e soprattutto a Sara.
Sara significa Principessa.
Principessa, cioè Figlia del RE.
E il suo Re non l’avrebbe abbandonata.
Era lei il mio futuro.
Era per Lei che dovevo, sì dovevo, avevo il dovere di farlo e Lei il diritto di avere un papà che si occupasse di lei.
Dovevo trovare le forze per andare avanti e costruirle il miglior futuro possibile.
In fondo per trovare le forze bastava guardarla.
Passai diversi mesi senza voler vedere e sentire nessuno.
La battaglia proseguì, ma il colpo di grazia al “destino”, lo abbiamo dato nel 2015.
Alla faccia di tutti gli espertoni che “Dopo la chemio avere altri figli sarà molto difficile, direi improbabile” questa è Veronica.
Sono nato il 5 agosto del 1974.
È così che inizia questo articolo.
Veronica è nata 5 agosto del 2015.
Sì. Veronica è nata nel giorno del mio compleanno.
Veronica significa “Portatrice di vittoria”.
Con lei abbiamo chiuso il cerchio.
Abbiamo realizzato il nostro progetto.
Tutto quello che è successo ci ha insegnato a godere delle piccole cose in un modo che prima non immaginavamo possibile.
Ci ha insegnato lui che Abbiamo due vite. La seconda inizia quando ci rendiamo conto di averne una sola.
Nel 2013 sono nato una seconda volta.
Ma c’è un prima del 2013. Un prima lungo 40 anni.
E c’è un dopo, che ha appena 8 anni.
E ora te li racconto.
Partiamo da qui.
L’11 febbraio 2020 ed io ero ospite, l’unico ospite, su SkyTg24, invitato per parlare di Marketing.
Esattamente un anno dopo, il 15 febbraio 2021 il Corriere della Sera, dedica un intero articolo a me, Growth Marketing Manager.
Ma come ci sono arrivato, io, a parlare di Marketing su SkyTg24?
E come è possibile che il Corriere della Sera, il principale quotidiano nazionale, dedichi un intero articolo a me, Growth Marketing Manager?
E perché un altro blog?
Sono belle domande.
Meritano risposte adeguate.
Alla domanda perché un altro blog, rispondo perché tutto è nato da blog.
Ma quando sono nati i blog?
Il 18 luglio 1997 lo sviluppatore Dave Winer rilascia Frontier’s NewsPage, il primo software di comunicazione multimediale. Curiosamente non ha mai utilizzato la parola blog. Il primo che ne ha capito il senso e che può essere considerato il primo blogger del mondo è Jorn Barger. Il 23 dicembre 1997 si affida alla piattaforma di Winer per ritagliarsi un angolo del web tutto per sé in cui scrivere di caccia.
Non lo sapevo, ma mi incuriosiva e ho trovato la risposta qui
La mia prima esperienza con un blog è stata questa, e risale al lontano 2008.
Ora non esiste più, e ricordo nitidamente il giorno in cui dopo una dozzina di articoli lo eliminai dicendomi:
Mah… alla fine è stato tutto tempo perso.
Questa frase mi ha accompagnato in diversi passaggi nella vita.
Prima di aprire il blog avevo letto alcune guide e deciso di non comprare un dominio perché tanto col sottodominio “nome + cognome .wordpress.com” potevo comunque accedere a quasi tutte le funzionalità.
All’epoca non avevo idea né che si potesse monetizzare un blog né di farne un progetto di business, e non mi importava nulla della SEO, di cui anzi ignoravo l’esistenza.
Ho sempre amato scrivere, ma la scrittura in rete l’ho scoperta relativamente tardi.
Oggi i blogger hanno anche 11, 12 anni, io ho aperto il mio primo blog insensato intorno ai 35, e il primo con una mezza idea a quasi 40 anni.
Se penso ai risultati pazzeschi che mi ha portato in appena 2 anni e di cui non mi ero nemmeno accorto, mi maledico per non averlo fatto non dico a 18 anni, ma magari a 30 anni.
Già, non me ne ero accorto.
Quello che ri-nasce oggi è di fatto il mio primo blog realizzato con la consapevolezza, piena, che un blog è uno strumento di potentissimo, se non addirittura il più potente strumento per la realizzazione di un progetto.
Lascia che ti spieghi.
Il titolo di questo articolo è “Perché questo blog”.
Ho grassettato il perché, per un motivo molto preciso.
Questo blog nasce perché, ce l’ho fatta.
No, non sono ricco, non sono milionario, non vendo consulenze a 9 zeri che mi permettono di starmene ai Caraibi mentre il mio conto in banca cresce, o di fare video da Dubai mentre guido auto fiammanti.
Questo blog nasce perché dopo non so più quanti tentativi falliti sono riuscito a fare la cosa più importante per un essere umano.
La prima volta che ho visto questo video sono rimasto molto colpito.
Se non l’hai mai visto, ti consiglio davvero di farlo, prima di tutto perché è uno dei TED più belli del mondo e in secondo luogo perché senza averlo visto potresti non cogliere appieno alcuni passaggi presenti nel proseguo di questo mio articolo
Sono sicuro che lo speech di Simon Sinek abbia colpito chiunque si occupi di Marketing, ma anche chi nella vita fa tutt’altro.
È uno speech che traccia un solco.
Esistono un prima e un dopo questo speech.
Quando l’ho visto per la prima volta, dicevo, mi ha colpito, perché ho riconosciuto immediatamente la profondità di analisi, ma non avevo ancora ben capito l’impatto che questo video avrebbe avuto sulla mia vita.
Le persone che amano il proprio lavoro sono più produttive e più creative.
Simon Sinek invita tutti a partire dal perché.
Il punto è che in pochi, davvero pochi, hanno capito a quale perché fa riferimento Sinek.
Chiedersi il perché è facile, ma rispondersi non lo è affatto.
Perché vuoi lanciare una start up?
Perché vuoi uscire con quella ragazza?
Perché vuoi andare a vivere a Milano?
Perché vuoi…?
Perché?
Se non troviamo la vera risposta al nostro perché il rischio è quello di trovarsi come me a spendere tempo in progetti che crediamo animati dal nostro perché ma che in realtà coccolano solo l’ego e non lasciano nulla di concreto nella nostra esistenza.
Risultato?
Chiusura del progetto.
Mah… alla fine è stato tutto tempo perso.
L’ho detta molte volte questa frase, ma in particolare l’ho detta 3 volte.
La mia prima vita
In quella che io chiamo la mia prima vita, ero assolutamente certo di voler fare il Calciatore, e per molti aspetti sono stato un Calciatore.
Mi piaceva il calcio a 5. O forse me lo sono fatto piacere.
A differenza di molti amichetti e conoscenti il cui papà amava sfegatatamente il calcio, il mio era ed è totalmente disinteressato all’argomento. Per fortuna.
Mio Padre ancora oggi guarda solo i mondiali e solo se gioca l’Italia.
Per questo motivo l’unica scuola calcio che potevo frequentare era quella sotto casa o lì nei pressi.
E lì nei pressi di casa mia, accanto alla Chiesa, c’era un campetto da calcio a 5 che chiamavamo La chiesetta.
Ci divertivamo come pazzi, ed io, concedimi l’autoreferenzialità, ma poi ti mostrerò le prove, ero veramente bravo.
Ti racconto un paio di aneddoti.
Ogni estate c’era il torneo che richiamava le squadre dei rioni vicini, e non ricordo di averne mai perso uno.
Addirittura quando facevano mini-tornei tra di noi, a volte non iniziavano nemmeno le competizioni perché i capitani delle squadre non si erano messi d’accordo su “Alessandro con chi va?”
Al di là di questi episodi che ricordo con piacere, ce n’è uno in particolare che segnò la mia vita di atleta.
L’allora squadra cittadina, vinse il campionato di serie B ed approdò alla massima serie.
L’essere in serie A comportava l’obbligo di avere una Under 18.
L’allenatore dell’epoca non aveva nessun ragazzino da far giocare nella sua sezione minore e decise così di farsi una passeggiata intorno al Palasport per raccattare qualche pischello da mettere in squadra, più per obbligo che per altro.
Arrivò così alla Chiesetta dove come sempre, finché un raggio di luce lo consentiva, stavamo giocando.
Incuriosito si mise ad osservarci ed a fine partita venne da me proponendomi di presentarmi l’indomani, in tuta, nel vicino Palasport.
Io ci andai e dopo un provino di pochissimi minuti mi dissero: sei dei nostri.
La mia avventura nell’under 18 durò molto poco perché in breve mi aggregarono alla prima squadra, in serie A.
Te l’ho detto che ero bravo
Il calcio a 5 oggi è ancora uno sport minore, ma all’epoca era praticamente inesistente.
Ho continuato a giocare per anni, cambiando squadra e categoria, gironzolando soprattutto in serie B e C, fino a tornare in serie A.
Ricordo ancora quando per seguire gli amici lasciai la Serie A ed andai in Serie D.
Vincemmo 3 campionati di fila senza nessun nuovo acquisto e tornammo in serie A2.
E poi?
E poi un giorno mi sono accorto che la borsa per andare a fare allenamento mi pesava molto più del solito.
Quel lavoro era diventato un “lavoro”, con uno stipendio basso e un impegno sempre più pressante e stressante.
La realtà? Non mi divertivo più. E sentivo che non stavo costruendo il mio percorso.
Lasciai il calcio a 5 nel 1999 e mi trasferii a Milano, per un breve periodo.
Mi bastarono 6 mesi per capire che la Milano da bere io non l’avrei bevuta.
Cercai di adattarmi, ma quello stile di vita non faceva e non fa per me.
Avevo bisogno del mare.
Milano, non Milano intesa come città che è stupenda, ma il concetto di Milano era lontanissimo dal mio modo di intendere la vita.
Il passeggiare lungo mare, la mattina presto o dopo pranzo, o anche di notte se mi va, vale molto più di un aumento della RAL del 15%.
Tornai nella mia Pescara e ripresi a giocare con degli amici in serie C, e poi in serie B, con diverse squadre.
Nel 2006 giocavo con il Teramo e contemporaneamente avevo iniziato a “lavorare”.
Allenarmi mi costava molto stress e fatica, e in campo non mi sentivo affatto all’altezza delle mie capacità.
Nella foto qui sotto sono seduto, il secondo da destra.
Una sera del 2006 o forse 2007, non lo ricordo nemmeno più, tornato a casa ho poggiato la borsa, ho chiamato il Presidente e gli ho detto che il nostro rapporto sarebbe finito lì, perché io non avevo più stimoli.
Ed eccola che riappare, la famosa frase.
Mah… alla fine è stato tutto tempo perso.
Attento a ciò che desideri. Potrebbe avverarsi.
È stato tempo perso?
La mia certezza assoluta di voler fare il Calciatore si scontrava con la dura realtà e cioè che non ero un Calciatore ma solo un Calcettista e che se volevo costruire qualcosa di concreto nella vita, dovevo mettermi a lavorare sul serio.
Degli anni di Calcio a 5 mi restano moltissimi amici che sento poco e vedo ancora meno ma quando ci vediamo è sempre festa, perché l’amicizia intima che crea uno sport di squadra ha pochi eguali.
Mi resta l’immensa capacità di lavorare in team, perché se non sai fare squadra non puoi giocare in squadra.
Mi restano una infinità di VHS, perché mia Madre e mio fratello, i miei più grandi tifosi, non si sono mai persi una partita in casa e molto spesso mi seguivano anche in trasferta, e mio fratello le ha filmate tutte.
Prima o poi mi deciderò a portarle in digitale e magari posterò qualcosa.
In questa foto sono in basso, il terzo da destra.
C’è una cosa che mi ha colpito, col senno di poi, della mia vita da Calcettista.
Tutti, o quasi tutti i miei compagni di squadra, sono rimasti nel settore. Alcuni addirittura giocano ancora, non so dove trovino la voglia, ma molti altri, a detta di tutti tatticamente molto meno preparati di me, oggi sono allenatori.
Hanno sfruttato le loro skills e la rete costruita negli anni, per restare nel settore in cui erano “verticalizzati”, diremmo oggi.
Io, invece, non ho mai più giocato una partita, nemmeno amichevole e non ho più alcun rapporto da anni con le persone che contano in quell’ambiente.
Ci tengo a raccontare questo dettaglio, perché in realtà non è un dettaglio né per me né per te che mi stai leggendo.
È un insegnamento importantissimo, che possiamo sintetizzare in una frase: “la perseveranza conta come il talento“.
Ho avuto decine di conferme di questa affermazione e con gli anni ho scoperto che a supporto ci sono molti studi.
La mia seconda vita
In quella che io chiamo la mia seconda vita, ero certo di voler fare lo Scrittore.
E per molti aspetti sono stato uno Scrittore.
Il perché volevo diventare uno scrittore famoso l’ho capito dopo.
Alla base c’era sicuramente la mia forte passione per la scrittura, unita, dicono, ad un grande talento.
Iniziai partecipando ad alcuni concorsi letterari che prevedevano come premio la pubblicazione del proprio racconto in una antologia di autori vari.
E vinsi.
Ricordo perfettamente l’istante in cui mi giunse la notizia.
Eravamo a cena con gli amici e mi arrivò un sms con scritto, più o meno:
“Gentile Alessandro, il suo racconto dal titolo “Il Geometra Salini” è stato selezionato per entrare nell’anotologia Rac-corti² – mini storie per chi va di fretta”.
Ero molto felice. Si trattava della mia prima pubblicazione in assoluto. Conservo ancora una copia di quel “Trofeo”.
Fu la mia prima ed unica partecipazione ad una antologia di racconti di autori vari, perché il mio ego mi impediva di farlo ancora.
In realtà anche la seconda pubblicazione avvenne in una altra antologia di autori vari, ma fu totalmente diversa.
C’era stato l’avvento di facebook e alcuni amici mi segnalarono un gruppo su dal nome “Scriviamo un libro tutti insieme” che aveva già un editore.
Io entrai nel gruppo e mi feci notare per le mie idee.
L’editore mi contattò e mi disse di volermi non come semplice autore di un racconto, ma come autore della Prefazione.
Insomma, mentre tutti avrebbero avuto una paginetta, io ne avrei avute 6-7 tutte per me.
E pubblicazione di lì a breve: solo l’attesa dei processi di editing, impaginazione e stampa.
Conservo con affetto anche questa mia “opera”.
Ma non mi bastava. Affatto.
Io volevo un libro tutto mio.
E quella esperienza mi insegnò a mettere a frutto le mie capacità.
Pubblicare un romanzo non era affatto cosa semplice per un autore sconosciuto.
E allora misi a frutto la mia capacità di gestione del team, e col senno di poi, le mie doti di Marketing.
Anziché scrivere un racconto per una antologia di autori vari, perché non curare una antologia di autori vari?
In questo modo avrei ottimizzato e velocizzato la mia carriera, perché scrivere un romanzo mi avrebbe portato via qualche mese.
Una volta finito, la ricerca di un editore mi avrebbe portato via altro tempo, e non avevo nessuna certezza di trovarlo.
E una volta trovato, le filiere editoriali avrebbero richiesto altro tempo.
Insomma, per vedere il mio nome in copertina avrei dovuto aspettare chissà quanto, senza nessuna garanzia.
Una antologia di autori vari, richiede un racconto breve ad 8 – 12 autori che, anche se lentissimi, al massimo impiegano 2-3 settimane per consegnare il testo.
Ed io, in qualità di ideatore e curatore, avrei avuto il mio nome in copertina, oltre le eventuali interviste, recensioni etc.
Nacquero così tra il dicembre del 2011 e il luglio del 2014:
Dopo 6 curatele, di cui una addirittura con Guanda, non ero più un autore sconosciuto.
Ero Alessandro Greco, e potevo inviare i miei scritti ad un editore con la certezza che li avrebbe quantomeno letti.
Ad oggi ho pubblicato 8 libri di cui due romanzi.
Sono arrivato al TG5
Con il mio primo romanzo, “Nel nome della Madre” mi sono classificato 2° in un premio internazionale.
E poi?
E poi un giorno mi sono accorto che di pubblicare libri, di avere il mio nome in copertina, di leggere ciò che dicevano dei miei libri nelle recensioni, e anche di andare al Tg5, non me ne fregava nulla.
Ed eccola che riappare, la famosa frase.
Mah… alla fine è stato tutto tempo perso.
Attento a ciò che desideri. Potrebbe avverarsi.
È stato tempo perso?
La mia certezza assoluta di voler fare lo Scrittore, si scontrava con la dura realtà e cioè che non ero uno Scrittore ma solo uno che scrive e che se volevo costruire qualcosa di concreto nella vita, dovevo mettermi a lavorare sul serio.
Delle mie esperienze letterarie mi restano moltissimi contatti, che sento e vedo poco ma con i quali ho costruito belle relazioni.
Mi resta il clamoroso successo del mio primo romanzo.
Un successo immenso dal punto di vista del messaggio che sono riuscito a far passare.
Mi hanno scritto in centinaia di persone pe ringraziarmi e non potrò mai dimenticare la campagna #NelNomeDellaMadre che ha letteralmente invaso il web e non solo.
Anche qui, le mie skills di Marketing cominciavano a farsi largo.
Chiesi ai miei lettori di andare in giro per le città fotografando dei luoghi famosi con il mio libro.
Fu un successo spaventoso.
Arrivarono foto da Milano, Roma, Bologna, Padova, Treviso, Firenze, Palermo, dal Belgio, dall’Inghilterra e persino da Miami Beach!
Mi resta anche l’immensa capacità di gestire un team, e non un team banale, ma un team di teste pensanti ed egocentriche come solo gli scrittori sanno essere.
Ne “Il momento del distacco” c’erano contemporaneamente ben 4 Premi Scerbanenco.
Quattro Premi Scerbanenco, insieme, curati da me.
Non è stato facile coordinarli, anche se si trattava di grandissimi professionisti.
C’è una cosa che mi ha colpito, col senno di poi, della mia vita da Scrittore.
Tutti, o quasi tutti gli scrittori in erba con cui ero in contatto allora, sono rimasti nel settore.
Alcuni hanno avuto successo, vero, pubblicando con una major come Mondadori, Feltrinelli, Rizzoli e spesso li vedo in Tv e ripenso alle chiacchierate su messenger.
Hanno sfruttato le loro skills e la rete costruita negli anni, per restare nel settore in cui erano “verticalizzati”, diremmo oggi.
Io, invece, non ho mai più scritto narrativa in vita mia e non ho più alcun rapporto da anni con le persone che contano in quell’ambiente.
Ci tengo a raccontare questo dettaglio, perché in realtà non è un dettaglio né per me né per te che mi stai leggendo.
È un insegnamento importantissimo, che possiamo sintetizzare in una frase: “la perseveranza conta come il talento“.
Seppure il mio romanzo Nel nome della Madre è uscito nel 2016, la mia terza vita è iniziata ben prima, quando avevo già smesso di scrivere con l’idea di pubblicare.
Tutto quello che ho pubblicato, anche successivamente, l’ho scritto tra il 2014 e il 2015. Sì, anche questo.
La mia terza vita
La mia terza vita, ossia quella attuale è iniziata quando nel 2013 mi è successo tutto quello che hai ascoltato nel TEDx e hai letto in questo articolo.
E siamo arrivati al 2018.
Nel 2018 ero già abbastanza “famoso”, ma solo quando sono sceso dal palco del TEDx che ho capito quanto affetto mi circondava, quanta gente mi stimava e quante persone avevano raggiunto i contenuti che negli anni avevo prodotto.
E pensare che non dovevo salirci, su quel palco.
Sono sempre stato un amante del TED e quando ho saputo che si sarebbe tenuto a Pescara, ho inviato la mia candidatura.
In fondo una storia da raccontare io ce l’avevo.
E che storia.
Mi avevano scartato.
I licenser del TEDx mi avevano scartato, ma poi per qualche miracolo, Cinzia Xodo, speaker coach del TEDx lesse il mio testo e mi volle assolutamente sul palco.
La ricambiai facendola piangere a dirotto.
Ma torniamo un attimo al terribile 2013.
Dario
Nel 2013 durante la convalescenza ho scoperto per caso (credo poco al caso) il blog di Dario Vignali.
Io ero una specie di zombie, profondamente segnato dalla malattia e dal resto.
La mia voglia di lavorare era decine di punti sotto lo 0. Avevo capito di dover fare qualcosa. Non sapevo bene cosa, ma dovevo fare qualcosa.
In Italia non è facile, non è una frase fatta, è realtà. Siamo avanti per alcune cose ma indietro millenni per molte altre.
La Learning Agility.
Se solo avessi una laurea, mi dicevo, sarebbe tutto più facile.
È buffo se ci penso, perché che una laurea a 40 anni non mi sarebbe servita assolutamente a niente, me l’ha fatto capire un ragazzino che ne aveva poco più di 20.
Ma ci avevo visto giusto.
Oggi Dario è un imprenditore visionario, CEO di Marketers, con all’attivo diversi business a svariati zeri, e Forbes nel 2018 l’ha inserito tra gli under 30 più influenti d’Italia.
Leggendo il suo blog ho capito che potevo crescere moltissimo professionalmente, e che potevo sfruttare il digitale per lavorare ai miei progetti e alle mie idee, magari mollando il posto fisso.
O che avrei potuto sfruttare le mie nuove skills di lì a breve, perché il digitale avrebbe preso il sopravvento, e io avrei potuto migliorare vertiginosamente la mia posizione in azienda.
Cosa che in effetti è avvenuta, ed è proprio quello che ti sto raccontando in questo articolo.
Man mano che Dario pubblicava articoli li divoravo.
Dario regalava una quantità impressionante di consigli pratici di Digital Marketing, una materia che a me appassionava moltissimo.
E poi, col tempo, dopo aver costruito e consolidato la sua community, ha iniziato a produrre corsi e videocorsi.
Io li compravo. Tutti.
Ricordo benissimo il giorno in cui hanno aperto le vendite di Facebook Advanced.
Mi hanno detto che c’era anche una landing page di vendita.
Io non l’ho nemmeno letta.
Dario mi aveva dato tanto di quel valore nel corso degli anni, che anche se il corso si fosse rivelato una schifezza, acquistarlo era per me un dovere.
E non era affatto una schifezza, anzi.
Basta guardare i docenti.
Francesco Agostinis e Andrea Bottoni.
Se non sai chi sono, probabilmente non hai accesso al web.
Quasi 100 video lezioni di altissimo valore, attraverso le quali imparai a settare una campagna, definire il target, installare, configurare ed allenare il pixel, analizzare i dati e scalare i risultati.
Ancora oggi se riesco a gestire le campagne per i miei business e per le aziende con cui ho lavorato e lavoro, è grazie a quel corso e naturalmente all’aver applicato tutto quanto studiato.
Ho comprato tutti i corsi di Dario e del suo team e ho studiato tutti i corsi di Dario e del suo team.
Ma, soprattutto, ho applicato tutti i consigli trovati nelle svariate lezioni.
E i risultati parlano.
Ora per favore, leggimi con attenzione:
Se fai parte di quelli che mi seguono da tempo, hai imparato a conoscermi e sai che odio le marchette.
Sai che se consiglio qualcosa è perché credo davvero in quel qualcosa.
E allora dammi retta, fatti un regalo: acquista i corsi di Dario, senza indugio.
Se hai voglia di crearti una professione nel digitale, fallo, e soprattutto studia.
Io non guadagno nulla, non ho accordi con Dario. Te li consiglio perché secondo me, sono validi.
Se non mi conosci e fai parte di quei 2, 3 italiani che non conoscono Dario Vignali, mi limito a dirti informati.
Per non farmi mancare nulla, compravo e leggevo libri. Tonnellate di libri.
Quindi, tornai al blog.
Stavolta, però, avevo un dominio tutto mio: alessandrogreco.net
Parlavo di Digital Marketing, di Copywriting, di Storytelling e simili.
E riscuotevo successo.
Un blog mio, che avevo preso a riempire di articoli, raccontando tutto quello che imparavo studiando e testando.
Avevo una pagina facebook con oltre 10.000 “fan”, un account twitter con 20.000 follower, avevo anche un account su instagram, ma non mi faceva e non mi fa impazzire, per motivi che magari spiegherò.
E poi testavo.
Testavo tutto quello che imparavo, sui miei canali.
Più studiavo e più imparavo.
Più imparavo e più testavo.
Più testavo e più ottimizzavo.
E più ottimizzavo e più macinavo risultati.
Col senno di poi ho scoperto che questa mia capacità si chiama Learning Agility, ossia la capacità di imparare rapidamente nuove competenze e abilità, ed essere così in grado di operare in condizioni nuove o differenti.
Il grande salto c’è stato quando ho iniziato a occuparmi di Brand Positioning e a divulgare valanghe di contenuti, consigli e spunti, gratis a tutti.
Ho regalato valore a quintali, senza chiedere nulla in cambio, ma col tempo è tornato tutto.
E poi ho scoperto Linkedin.
Luca.
Era il 2017, e non potrò mai dimenticarlo.
Ero appena entrato nel parcheggio di un Burger King per mangiare qualcosa.
Sceso dalla macchina prendo lo smartphone e scrollando mi appare un video in cui un certo Luca Mastella, parlava del suo metodo “Career Accelerator” e della possibilità di fare un salto di carriera nella propria azienda o di cambiare azienda migliorando la propria posizione, fino a raggiungere il Dream Job.
Era un funnel, e io ovviamente ci entrai.
L’indomani ricevetti un altro video e poi altri ancora, 4 in tutto.
Uno in particolare mi colpì moltissimo. Riguardava l’uso professionale di Linkedin.
Quel semplice consiglio mi portò un grande risultato. Ho appena controllato e il post originale è ancora lì.
L’incontro con Luca ha letteralmente cambiato la mia vita.
Nutro una profonda gratitudine nei suoi confronti.
Dopo Career Accelerator, che da Luca mi fu regalato, ci fu il lancio di Funnel Secrets, un video corso immenso che mi ha dato tantissimo in termini di skill ma anche e soprattutto di mindset.
Ricordo la chattata con Luca in cui mi chiese cosa ne pensassi del nome del corso, visto che esisteva un libro dal titolo Secrets Funnel, di Russel Bronson.
Sì, Luca mi regalò anche Funnel Sercets e oggi che ha fondato Learnn, una piattaforma di rinascimento digitale in abbonamento mensile a 9.99€ io sono abbonato per 3 anni, gratis, grazie all’aver “acquistato” sia CA che FS.
Learnn è un capolavoro. Punto.
Dentro Learnn professionisti di rilevanza internazionale mettono a disposizione la propria esperienza di verticalità assoluta.
Grazie a Learnn, per esempio, ho colmato una mia lacuna riguardante una skills fondamentale: le Google Ads in un video corso immenso, tenuto da Simone Dassereto, che gestisce da anni budget a 6 zeri.
E sto studiando molto altro.
Ora per favore, leggimi con attenzione:
Se fai parte di quelli che mi seguono da tempo, hai imparato a conoscermi e sai che odio le marchette.
Sai che se consiglio qualcosa è perché credo davvero in quel qualcosa.
E allora dammi retta, fatti un regalo: abbonati a Learnn senza indugio.
Con questo link puoi entrare in Learnn, GRATIS, per 7 giorni.
Se mi hai scoperto da poco non hai ancora fiducia in me, potrei dirti che Learnn è una bomba e che se vuoi svoltare la tua carriera nel digitale devi assolutamente abbonarti, ma non capiresti dove finisce la verità e dove inizia la marchetta, quindi taccio e se vuoi, se fai parte di quei 2, 3 italiani che non conosco Luca Mastella, informati.
Una parentesi importante.
C’è stato un periodo – tra il 2015 e il 2016 – in cui ho parlato moltissimo delle similitudini che esistono tra Marketing e politica, tra Posizionamento e politica.
La politica si dice, è l’arte del compromesso. In realtà la politica è l’arte del posizionamento.
Seguimi con attenzione.
Prendiamo un tema divisivo, per esempio la TAV, o per restare nella stretta attualità, i Vaccini.
Se un partito si schiera apertamente per il “Sì TAV” o “Sì Vaccini”, secondo te è più facile per un altro partito attrarre consensi schierarsi per il “La TAV? Dipende” o “I vaccini? Forse”, o schierandosi apertamente per il “No TAV” e “No Vaccini”?
Il Sì e il No su tematiche divisive sono quelle che più velocemente aggregano consenso.
I politici, guidati dagli Spin Doctor, lo sanno e per questo cavalcano questo meccanismo.
Molto spesso né a quelli per il Sì né a quelli che si schierano per il No frega nulla dell’oggetto del contendere, che sia la TAV, i vaccini o il MES, ma se l’avversario si è schierato per il Sì l’op-posizione si schiera per il No.
È una rivisitazione della legge della dualità, tanto cara ad Al Ries e Jack Trout, applicata alla politica.
Spiegando questi ed altri meccanismi, raccolsi un seguito mostruoso, fatto di persone comuni, ma anche di Ministri, Deputati, Senatori, Giornalisti, Amministratori Delegati, e moltissime persone con ruoli importanti nel nostro paese.
Il giornalista Marcello Foa, oggi Presidente della Rai, mi contattò e mi disse: Alessandro, è molto interessante quello che scrivi: ti va di aprire un Blog su Il Giornale e parlarne diffusamente?
Io accettai e decisi di farlo con un taglio irriverente.
Chiamai il blog #Grecomics, e in poche settimane diventò il blog più letto di tutta la piattaforma, surclassando volti televisivi come Nicola Porro e lo stesso Marcello Foa.
I miei articoli raggiungevano milioni di lettori. Milioni.
Mi invitarono prima al Parlamento Europeo in una conferenza sulle fakenews propalate dai governi.
Fu un’esperienza davvero interessante, iniziata con un autista che venne a prendermi in aeroporto per scarrozzarmi ovunque.
Un mese dopo mi invitarono alla Camera dei Deputati per tenere un breve speech sulla comunicazione di massa.
Ci andai.
E ci andai sempre col mio modo un po’ scanzonato di divulgare concetti interessanti, perché a me i parrucconi accademici che parlano per essere capiti solo dai loro 3 amici, non sono mai piaciuti.
Quindi, tornai in TV, su RaiTre.
Professionalmente parlando la mia carriera stava cambiando molto.
Lavoravo per un’agenzia del gruppo eni.
Mi occupavo di vendita, che è un po’ quello che fai fare a chi non sa fare niente ma “ha la parlantina”.
Tuttavia ero bravo, e lavorare nell’indotto di una multinazionale come eni aveva grandi pregi: viaggi premio in resort stupendi, e soprattutto formazione sulla vendita di altissimo livello.
Le giornate, week end o settimane di formazione vendita erano veramente spaziali, con i migliori professionisti della scena mondiale.
Io, prima di occuparmi di vendita e dopo il calcio a 5 non avevo grandi esperienze “professionali”,
Nel frattempo però, come ti ho raccontato, studiavo come un pazzo.
Volevo assolutamente lavorare nel Marketing.
Marco.
Ricapitolando, io sapevo scrivere molto bene “in Copy”.
Sapevo scrivere perché i miei genitori mi hanno trasmesso l’amore per la lettura.
Leggere tanto, mi ha dato una padronanza della parola che sono riuscito a far fruttare a dovere.
Studiare il Copywriting mi ha dato una marcia in più.
Sapevo fare advertising su facebook.
Non ero e non sono un Ads Expert, ma so fare Facebook Ads per quello che mi serve e quando parlo con qualcuno di Facebook Ads, ci capiamo.
Addirittura con 167€ di ads su facebook ho venduto casa, a fronte dei 3.000 + IVA che mi aveva chiesto l’agenzia.
Sapevo costruire un funnel complesso .
E sapevo analizzare i dati e ottimizzare i flussi.
Mi mancava la SEO, cioè il “Posizionamento sui motori di ricerca”.
Come sempre mi misi a studiarla.
Scrissi su Google “Posizionamento sui motori di ricerca” e così conobbi Marco.
Marco Ronco, noto sul web come Ryuichi Sakuma, uno dei più grandi esperti d’Italia del “Posizionamento sui Motori di Ricerca“.
Gli scrissi una email, mi rispose dopo poco e ci sentimmo al telefono.
Gli spiegai le mie esigenze, parlammo di noi e scoprii che è appassionato di noir.
Io avevo curato “Il Momento del distacco” e gli spedii una copia con dedica.
Lui per tutta risposta mi inviò una email con le credenziali del suo immenso videocorso sulla SEO.
60 lezioni sulla scelta delle keyword, la keyword difficulty, la SEO on page, la SEO on site, la Link Building e mille altre ore di video.”
Divorai anche quel corso e imparai a fare SEO per le mie necessità.
Non sono un SEO expert, ma so fare SEO per quel che mi serve e so parlare con chi fa SEO.
T-Shaped.
Ero diventato un professionista cosiddetto T-Shaped.
La persona T-shaped ha una formazione a “T”, appunto, ossia un conoscenza estremamente verticale su una, due abilità, ma conosce le basi ed anche qualcosa in più di molte altre discipline connesse.
Questo gli permette di interagire e gestire un team diversificato creando le giuste connessioni tra le varie discipline, dialogando con i professionisti verticali nelle altre aree.
Io, forte della mia pluriennale esperienza nella vendita e del mio passato di Scrittore e Blogger, ero super verticale in Copywriting/Storytelling e Public Speaking, ma sapevo destreggiarmi con l’email automation, conoscevo le basi della SEO, sapevo usare egregiamente i social network, conoscevo bene le Facebook Ads e le basi di Google Ads, e mi ero posizionato, grazie alla mole di contenuti condivisa negli anni, come esperto di Brand Positioning.
Insomma, ero pronto.
Ed arrivarono le prime proposte di lavoro.
Non fu affatto facile lasciare un lavoro dopo quasi 10 anni, e fu doppiamente difficile lasciare un lavoro in cui uno dei tuoi capi è tuo suocero con il quale hai un rapporto splendido.
Accettai l’offerta di Immedya, una Digital Agency, che mi assunse come Chief Growth Officer.
Gli inviti ad eventi come speaker fioccavano.
Dove c’era il Brand Positioning c’ero io, e solo io.
Era incredibile, perché non mi invitavano come rappresentante di un’agenzia di comunicazione.
Volevano me in quanto Alessandro Greco.
Nella nuova azienda cercai di portare la mia visione e riuscii subito a far cambiare il payoff, da You Anywhere, sembra di un’agenzia viaggi dissi al CEO, a Your Brand Anywhere, molto più centrato trattandosi di B2B.
Oggi dopo quasi 3 anni hanno ancora il mio. Evidentemente funziona.
Insieme al CEO e al COO apportammo grandi modifiche all’organizzazione aziendale e, soprattutto, organizzai il primo – ed unico – Brand Positioning Day in Abruzzo, ma credo di poter dire il primo di tutto il Centro – Sud.
Madrina d’eccezione, la splendida Lorella Cuccarini.
Andò non bene, benissimo.
Ma con l’onestà che mi contraddistingue devo riconoscere che fu l’unica cosa che andò bene.
In azienda non mi stimavano e io non riuscivo ad impattare come volevo.
Il Brand Positioning Day si tenne il 26 maggio.
Il 30 giugno, appena un mese dopo, inviai al CEO la mia lettera di dimissioni. Il mio addio è stato civile, ma dentro di me ero arrabbiato.
Arrabbiato perché sentivo di non essere riuscito a farmi apprezzare.
Tuttavia, le dimissioni si rivelarono l’occasione con cui cominciai a capire che il lavoro di Content Marketing e di costruzione delle relazioni fatto negli anni, aveva fatto di me un uomo di Marketing noto e anche molto ambito.
Trovare un altro lavoro, per me, fu spaventosamente facile.
Il 6 luglio, a nemmeno una settimana dalle dimissioni, ero già Vice President of Marketing & Growth in Ted – Ingegneria dei Sistemi, una azienda storica, fondata e amministrata dall’ing Paolo Bocci, uomo straordinario che porto nel cuore e a cui devo tantissimo.
Il mio nome era diventato “importante” e quando mi spostavo facevo notizia.
Quella in TED fu un’esperienza stupenda sotto tutti i punti di vista, un’esperienza in cui sono cresciuto moltissimo perché lavoravo h24 accanto al CEO e ho messo gli occhi e le mani dentro l’azienda.
Questo mi ha permesso di completare il mio profilo, perché è solo conoscendo i processi e soprattutto i numeri che puoi fare per bene Marketing.
L’esperienza in Ted è durata un anno, ma stavolta l’addio è stato mooolto diverso.
Te lo faccio raccontare da Paolo, che ora è a Gedda, in Arabia Saudita, e mi manda le foto mentre fa pesca subacquea.
Il 24 giugno del 2020 mi dimettevo da TED, con un nuovo contratto già in tasca e dopo dieci giorni di mare con le mie bambine, il 4 luglio entravo in Union Energia.
E anche stavolta ho fatto notizia.
Oggi, dopo anni di studio e pratica sul campo sono in grado di influenzare qualsiasi business.
Sono entrato in Union Energia, un’azienda che nell’anno del Covid segna un + 283%
È merito mio? Certo che no.
È merito di un fantastico team.
Di un management coraggioso, che ha osato fare qualcosa di diverso dal solito, rischiando di tasca propria.
Dal canto mio se non avessi passato anni a studiare e testare, se non avessi studiato Brand Positioning, Copywriting, Storytelling, Facebook Ads, SEO, Google Ads, Funneling e se non avessi messo in pratica, per anni, tutto quello che studiavo, non sarei mai entrato in un team così performante.
Andrea.
Ho lasciato Andrea per ultimo, e non è un caso.
Andrea è Andrea Giuliodori, ex ingegnere, ex manager di una multinazionale, ex-pat che si è trasferito e vive a Londra, da dove gestisce il suo business milionario: un blog.
Eh già, un altro blogger milionario, ma guarda un po’.
Andrea ha fondato efficacemente, il blog di riferimento in Italia sulla crescita personale.
Andrea ha talento ed empatia e la sua formazione da ingegnere rappresenta qual quid in più che gli permette di studiare, analizzare e rendere fruibile anche ad un idiota argomenti di “psicologia comportamentale” altrimenti pesantissimi.
Ed ha una perseveranza, che nei suoi articoli chiama simpaticamente tigna, che ho visto in pochi al mondo.
I risultati parlano chiaro.
Se Dario e Luca mi hanno indicato cosa studiare, Andrea mi ha insegnato come studiare e soprattutto come rendere efficace e produttivo tutto quello che studio.
Andrea è un altro dono che la vita mi ha fatto, ma a differenza di Dario e Luca che non ho (non ancora) mai avuto il piacere di incontrare, ad Andrea ho stretto la mano, e l’ho fatto in un’occasione unica.
Io e lui, infatti, siamo stati entrambi speaker nello stesso TEDx.
Sceso dal palco mi venne incontro mi strinse la mano e con fare sornione mi disse: hai sganciato un paio di bombe, eh?
Andrea da anni insiste sull’inutilità di lamentarsi anziché agire per cambiare ciò che non ci piace, e quando ha sentito la mia storia ha capito che c’era il succo di quel che da sempre va predicando.
Stringergli la mano è stato un onore.
Che dirti?
Andrea ha un blog fantastico ed il 95% di quello che insegna è gratis.
Ha lanciato diversi corsi, ma mi sento di consigliartene uno in particolare, perché l’ho acquistato personalmente e posso testimoniarne la validità.
Si chiama #365 – Un anno epico.
#365 – Un anno epico, è una lista email riservata, in cui 1.000 iscritti riceveranno ogni mattina, a partire dal 1° gennaio del nuovo anno, una breve email personale contenente una piccola azione, una sfida, da completare il giorno stesso.
In questo post nel gruppo di Andrea, spiego il perché devi comprarlo.
Ma c’è un’altra materia, fondamentale, su cui non ho completa padronanza.
Una materia che si chiama lingua inglese.
Imparare l’inglese, bene, è necessario sotto tutti i punti di vista.
Lavoro, vacanze, studio: senza l’inglese sei indietro, maggiormente nel mio settore, dove il 90% delle innovazioni arriva dagli USA.
Una lacuna che dovevo assolutamente colmare.
E indovina un po’?
Ho comprato YES! Inglese, il rivoluzionario corso lanciato da Andrea Giuliodori in collaborazione con Christian Saunders di Canguro English.
Naturalmente lo sto divorando e mi sono dato come obiettivo lo scrivere gli articoli di questo blog, anche in inglese, entro un anno.
Siamo quasi alla fine di questo lungo viaggio.
Se sei ancora qui ti sono molto grato, ma lo dobbiamo soprattutto alle mie competenze di Copywriting e Storytelling
Per molto tempo ho dubitato di me, e leggendo il blog di Andrea che mi sono chiesto per anni se fossi un multipotenziale o un cazzaro
Ho scoperto che non ho nessun problema.
Ho capito una cosa importante.
Ci sono persone che non hanno una unica vocazione, ed io sono una di quelle.
Il mio continuo bisogno di stimoli lo interpretavo come un qualcosa che mancava nell’azienda in cui lavoravo, e per questo cambiavo.
Oggi ho capito che non dipende dall’azienda, ma da un modo di essere.
Dal fatto che per quanto questa parola faccia drizzare le orecchie, sono un multipotenziale.
C’è chi pensa che io sia un cazzaro, soprattutto quelli – ahimè, amici compresi – che badano ai titoli, vedono solo la superficie del mio percorso e non vanno in profondità un po’ per pigrizia, un po’ perché alla fine non è obbligatorio farlo e un po’ per sana invidia.
Ho imparato a dargli la giusta importanza.
Ma la laurea?
Vorrei che il messaggio fosse chiaro.
Se puoi permetterti di studiare all’università, fallo.
Sono anni che nessuno ti restituirà.
L’università non è solo studiare e passare gli esami.
L’università è confronto, è crescita, è vita.
Se puoi permettertelo, fallo e fallo come si deve.
I laureati abbondano, e se vuoi differenziarti con i titoli hai solo due possibilità: o il voto alto o l’università prestigiosa, l’ideale è entrambe le cose.
Ma non dimenticare, MAI, che 3/4 di quello che imparerai sarà obsoleto nell’arco di pochi anni, a volte mesi, settimane.
Per questo, trova il tempo per portare avanti un tuo progetto.
Se non sai ancora qual è il tuo perché, probabilmente fallirai e penserai: Mah… alla fine è stato tutto tempo perso.
Non è così.
Lo hai visto che non è così.
Porta avanti il tuo progetto.
E se mi chiedi “Alessandro, ma come faccio? Studio 8 ore al giorno e poi sono distrutto!” ti rispondo che lo so.
Lo so, ma vedi: Andrea Giuliodori era manager in una multinazionale.
Lavorava molto più di 8 ore al giorno, ma proprio per questo, per mettere fine a quella schiavitù, per 3 anni ha scritto articoli sul suo blog svegliandosi tutte le mattine alle 5.00.
Quando il suo blog ha iniziato a fruttare il triplo del suo lavoro di manager, si è dimesso e si è dedicato totalmente al suo progetto.
Ho scritto questo articolo in quasi due mesi.
Mi ci sono voluti quasi due mesi, perché posso scrivere solo la sera e non tutte le sere.
Potrei farlo, ma ho scelto di vivere prima di tutto la mia famiglia, ho scelto di vedermi una serie TV con Federica, o di leggere un libro a Sara e Veronica.
Eppure questo articolo è qui.
Studia. Studia e laureati. Prendi una triennale, poi valuta.
Nel frattempo porta avanti il tuo progetto.
Facendoti il mazzo.
Non c'è nessuna strada facile per la libertà.
Io una laurea purtroppo non ce l’ho, e dico purtroppo perché sarebbe stata una enorme soddisfazione personale e soprattutto un tributo ai miei genitori che hanno fatto di me quello che sono.
Certo, credo di avergli dato soddisfazione in mille altri modi.
Sono stato invitato in Università prestigiose come la Federico II di Napoli ad insegnare ai ragazzi quello che io ho imparato sul campo.
E questo, per me, non ha prezzo.
Che dici? Ho risposto alle domande iniziali?
L’articolo è molto lungo e forse le hai anche dimenticate.
Ma come ci sono arrivato, io, a parlare di Marketing su SkyTg24?
E come è possibile che il Corriere della Sera, il principale quotidiano nazionale, dedichi un intero articolo a me, Growth Marketing Manager?
La risposta è che sono Alessandro Greco, e sono un multipotenziale.
Sono esperto di Brand Positioning.
Mi occupo di trovare un angolo di attacco capace di distinguere un business dai suoi competitor.
Mi occupo principalmente di rispondere alle due domande più importanti del Marketing:
Perché devo comprare da te e non da lui o non comprare nulla?
Perché devo comprare ora, e non domani o la settimana prossima?
E possiedo tutta un’altra serie di conoscenze e skills pratiche che mi permettono di interagire con un team e coordinarlo per farlo decollare.
Sono orgoglioso di tutto questo e non smetto di formarmi continuamente.
In un mondo in cui l’unica costante è il cambiamento imparare cose nuove è una necessità.
Essere auto-motivato all’apprendimento continuo è, probabilmente, la mia skill migliore.
Essere multipotenziali è spesso vissuto come un problema.
Io ho deciso di farne il mio punto di forza, e andando contro tutte le leggi che io stesso insegno, in questo blog non c’è un focus specifico.
Certo, principalmente parlerò di Marketing, ma se ne avrò voglia parlerò di medicina, di libri, di sport, di relazioni, di fakenews e di politica.
C’è un’altra questione rimasta in sospeso.
Questo blog nasce perché ce l’ho fatta, ti ho detto prima del TED di Simon Sinek.
Ma ce l’ho fatta a fare cosa?
Ce l’ho fatta a trovare il mio perché.
Che è anche il perché di questo blog.
Mi sono dato come mission la stessa di Simon Sinek.
Ispirare le persone ad intraprendere attività professionali che siano in linea con i propri sogni, desideri e valori.
È questo il mio perché.
Ci ho messo una vita per capirlo, ma ora lo so.
Quel che voglio fare è ispirare.
Ispirare le persone al cambiamento.
Ispirare le persone al continuo miglioramento.
Ispirare le persone a non aver paura del futuro.
Ispirare le persone a non aver paura di fare scelte.
E lo farò a modo mio.
Lo farò con questo blog.
Non aspettarti un articolo al giorno.
Un articolo al giorno lo fa non chi ha molto da dire ma chi vuole essere sempre nel feed dei social.
Io farò un articolo ogni 2/3 settimane, prendendo un argomento e andando a fondo come nessuno ha mai fatto prima d’ora.
Benvenuto nel mio nuovo blog.
Inizia oggi un lungo viaggio.
Non ho idea di dove ci porterà, ma io più della meta amo il percorso.
Seguimi, hai tanto da insegnarmi.
Alessandro
Ho imparato che il successo deve essere misurato non solo dalla posizione che uno ha raggiunto nella vita, quanto dagli ostacoli che ha dovuto superare mentre tentava di ottenere il successo.
P. S. In questo blog non ci sono Call To Action di vendita. Non vendo nulla, non ho info-prodotti, non ho accordi con nessuno.
Una cosa però devo chiedertela.
Ho impiegato quasi due mesi per scrivere questo post.
Se credi meriti di essere letto, fallo girare, condividilo sui tuoi social o sul tuo blog, su whatsapp, dove vuoi.
Grazie.